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 Shoah e Memoria

...per non dimenticare.mgp ha scritto: "Bisogna iniziare a perdere la memoria, anche solo in parte, per renderci conto che la memoria è ciò che compone la nostra vita. La vita senza memoria non è vita… la nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, i nostri sentimenti, persino il nostro agire. Senza di essa, non siamo niente.

            Luís Buñuel


Questa frase del regista Buñuel è stata scelta dal neurofisiologo-scrittore Oliver Saks per introdurre una delle storie di patologia mentale più interessanti e commoventi della raccolta L’uomo che prese sua moglie per un cappello. In questi racconti il Dr Saks descrive i diversi modi di percepire la realtà in persone il cui cervello non funziona secondo i parametri del “normale”. Alcune situazioni fanno riflettere in maniera veramente profonda sul senso della nostra vita.

Il paziente Jimmie G. , the Lost Marirer , rappresenta un caso limite di perdita di memoria. Jimmy è convinto, nonostante siano ormai trascorsi oltre trent’anni, di trovarsi sempre nel 1945. Il guardarsi allo specchio la mattina, vedendosi improvvisamente invecchiato, il non capire perché la gente e gli spazi intorno a lui siano diventati tanto strani è un doloroso trauma vissuto, spiegato, sofferto e ridimenticato nello spazio di qualche secondo, per essere continuamente replicato nei momenti in cui l’uomo non è impegnato a considerarsi momentaneamente in ospedale per qualche curioso motivo.

Jimmy esiste solo in quanto passato, perché di quel periodo esiste memoria. Il resto della sua vita è un trascorrere vuoto di giorni, in cui non è possibile alcuna relazione con gli altri.

Forse questo esempio non sembra aver molto a che fare con il tema della giornata dedicata al ricordo dell’Olocausto degli Ebrei, ma se pensiamo all’umanità come ad un individuo, non possiamo ignorare come la storia, il ricordo, la memoria in senso lato sia una parte fondamentale della sua essenza.

Così come nella vita di una persona è importante non dimenticare i grandi fatti, belli o brutti, non solo perché hanno contribuito a fare di noi ciò che siamo, ma perché rappresentano una tappa della nostra storia, marcano un prima e un dopo, così, studiare attentamente l’origine e le conseguenze di una tragedia senza precedenti come quella della Shoah, oltre a rappresentare una forma di rispetto per chi ha provato un orrore e un dolore oltre limiti del pensabile, ci aiuta nella ricerca di un senso e di una speranza per l’umanità.

La parola chiave di tutto ciò è memoria. L’ha ricordato anche Eli Wiesel, sopravvissuto di Auschwitz e scrittore di libri bellissimi e agghiaccianti come La Notte, parlando da Presidente onorario al Forum Internazionale di Stoccolma sull’Olocausto, nel Gennaio 2000: “[…] dopo Auschwitz niente è stato più lo stesso; esiste un prima e un dopo l’Evento”.

Il senso di solitudine provocato dal fatto di non essere creduti o per lo scarso coinvolgimento di chi ascolta, si traduce spesso in ossessione del ricordo e della testimonianza.

– Tu non capisci – disse con disperazione. – Tu non puoi capire. Sono salvo per miracolo, sono riuscito a tornare fin qui. Da dove ho preso questa forza? Ho voluto tornare a Sighet per raccontarvi la mia morte, perché possiate prepararvi finché c’è ancora tempo. Vivere? Non ci tengo più alla vita. Sono solo. Ma sono voluto tornare, e avvertirvi. Ed ecco che nessuno mi ascolta. *
Chi dimentica il passato è condannato a riviverlo.** Ma non è solo per questo che vogliamo ricordare. Gli Ebrei umiliati, crocefissi, lapidati, messi al rogo, sterminati dalla fame, siamo noi.

________________________
* Eli Wiesel, La Notte - 1958
** epigrafe del libro di Didier Daeninck La Der des Ders

Nota: Scrissi questo articolo per l'ultimo numero di Radioliceo dello scorso anno, ma non fu mai pubblicato per mancanza di spazio (!)."



 
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