Istituto di Istruzione Superiore "M.Paglietti" - Terzo premio a ''L'esperimento''

mgp ha scritto: "Il nostro corto "L'esperimento" (Progetto Cinema 2003-04) è stato premiato al Cuveglio Film Festival 2006.

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C’era una volta un re seduto sul sofà che diceva alla regina:“Raccontami una storia!”, e la regina incominciò:…

Il corto “L’esperimento” si basa su un racconto di Fredric Brown (Experiment - 1954).
Il racconto è solo il punto di partenza, il pretesto, la scintilla che ha fatto scattare una serie di idee circa le molteplici possibilità di trattamento di questa storia (di cui non dirò niente per non rovinarvi il finale).

Una sveglia scandisce il ritmo regolare dei secondi, ma il susseguirsi delle inquadrature è tutt’altro che regolare. Il montaggio procede a buffi sbalzi che un po’ disorientano e un po’ incuriosiscono. Ciò che vediamo (al contrario di ciò che sentiamo) contraddice l’idea del tempo lineare che abbiamo interiorizzato attraverso il cinema “normale”, anticipando già dai titoli di testa una possibile espressione (e di conseguenza definizione) dell’argomento tempo, sia nella sua visione prettamente scientifica che filosofica.
E poiché senza il tempo, quarta dimensione dell’esistenza, non esiste neanche il cinema, anche la nostra concezione della settima arte ne risulterà similmente alterata.

In un laboratorio uno scienziato spiega al suo collega in che cosa consiste la sua nuova invenzione: una macchina del tempo! Tema già sfruttato in letteratura quanto al cinema, che crea immediatamente delle aspettative e incoraggia ad effettuare una serie di ipotesi durante la breve visione, sul “come andrà a finire”. Non facciamoci distrarre troppo dal contenuto, però. Assaporiamo anche la forma, guardiamo anche noi dal basso l’orologio appeso alla parete, specchiamoci anche noi sul quadrante della sveglia, diventiamo la mosca immaginaria che guarda dall’alto o si posa sul tavolo, per godere di un’ulteriore prospettiva; culliamoci nelle sincopi degli stop&go creati dal montaggio, arrendiamoci piacevolmente al nuovo e allo strano. Fino all’ingegnoso finale, all’insegna del paradosso, che qualcuno avrà modo di intuire già dalle parole di una voce fuori campo…

Tutti noi riconosciamo in alcune modalità tradizionali di trattamento del tempo nel montaggio cinematografico suggestioni e significati ormai divenuti cliché (ex. la dimensione “onirica” o “introspettiva” dell’uso del ralenty) ma abbiamo ancora poca dimestichezza con il “jump-cut”, il montaggio “fuori raccordo”, tecnica usata in maniera rivoluzionaria da Jean_Luc Godard, regista culto della Nouvelle Vague, e qui (nel nostro piccolo) riproposta in forma dichiaratamente allusiva al tema trattato oltre che sfruttata per effetti che tendono al comico. La coppia di scienziati Roberto/Matteo richiama infatti seppur in maniera non eccessivamente marcata gli arcinoti Oliver e Hardy, nell’ingenuità un po’ stupida di uno e nell’atteggiamento di spazientita supponenza dell’altro. I rumori di fondo inoltre, tra il misterioso e il ridicolo, confermano questa idea e rinforzano il tono umoristico della storia.

L’originalità e la qualità di questo corto sta nell’aver saputo sfruttare appieno le possibilità comunicative del montaggio privilegiando una tecnica fino a farla diventare espressione di un concetto (ogni singola inquadratura non è altro che un “pezzo” di tempo manipolabile) e contemporaneamente divertimento nell’evidenza del gioco ritmico dei diversi piani di ripresa, nella ricostruzione di quell’unica “infinita” scena. In questo contesto viene esaltata la definizione che ne dà Godard stesso: “Se l’inquadratura è uno sguardo, il montaggio è un battito di cuore”.

…“C’era una volta un re seduto sul sofà…”

M.G.P.
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