La vincitrice dello Scientifico Marconi |
La sconosciuta A cura di Mariantonietta
Azzica Smbra quasi che gli
porti fortuna quel cognome “Tornatore” e infatti, dopo cinque anni di
silenzio, torna nelle sale nostrane a presentarci la sua ultimissima fatica
cinematografica: “la Sconosciuta”. Sconosciuta lei,
sconosciuta a noi quella Trieste così oscura e tragicamente irriconoscibile,
che racchiude una realtà terribilmente vera, in cui tutto si vende e tutto si
compra, un presente che non potrebbe essere rappresentato se non dall’abile
maestria di chi riassume un concentrato di emozioni in un incalzante accumulo
di colpi di scena, che alternano note di ansie a punte di sadismo. |
Un prodotto di alta
qualità non solo contenutistica, ma soprattutto tecnica. Memore, forse, delle
critiche rivolte ai precedenti insuccessi, ispirato probabilmente allo stile
hitchockiano, stavolta Tornatore privilegia una narrazione discontinua;
intrecciata e sovrapposta fra piani temporali; frenetica nella
rappresentazione metaforica dell’ansia che pervade l’animo della giovane
Irena e che rende viscosa la scorrevolezza del melodramma contemporaneo. Veri protagonisti di
questa pellicola sono i sentimenti, i rancori; i giochi chiaroscurali che
contrastano sdegno ed istinti materni, scene di violenza ad effusioni di
affetto, un passato da rivendicare contro un presente che vorrebbe chiudere
ogni conto. |
“Credevo di aver
chiuso i conti col passato, ma lui non li ha chiusi con me”, dice l’ucraina.
E forse è questo il punto di equilibrio di tutta la storia, una storia che si
fa subito nostra, senza che siano richieste spiccate capacità di empatia. Perché Tornatore sa
come volteggiare con la macchina da presa, sa persino come stupire e far
commuovere lo spettatore lasciando spazio ad un finale affatto scontato. Il
percorso di Irena, sebbene intrecciato a furti, tentati omicidi, fughe e
ricatti, rimembranze di un passato che riaffiora, si snoda come proteso verso
un desiderio di un futuro migliore, pulito, tranquillo, coronato da affetti
veri. Così, la tensione
caratteristica di tutto il lungometraggio si scioglie solo alla fine, in
un’inaspettata e coinvolgente carezza, simbolica di un felice connubio fra un
passato finalmente tale ed un futuro pronto ad accogliere nuove speranze e
sentimenti. |
“Credevo di aver chiuso i conti col passato, ma lui non li
ha chiusi con me”, dice l’ucraina. E forse è questo il punto di equilibrio di
tutta la storia, una storia che si fa subito nostra…” |
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