Casella di testo: Ma il passato riaffiora e la sua vita viene sconvolta dall’arrivo del suo aguzzino, interpretato da uno spietato e ancora una volta sorprendente Michele Placido, e, senza volerlo, Irena si ritrova nell’ inferno dal quale pensava fosse ormai lontana. Ma quell’ inferno la insegue, la cerca, la trova, e porta nuove tragedie che si scioglieranno in un finale profondo, capace di infondere allo spettatore intense emozioni sulla vita che va vissuta e sulla riscoperta dell’ amore, un amore finalmente privo di paure.
Giusta la scelta dei personaggi, intorno alla quale fa da teatro una storia a mio parere violenta, toccante…su una vita che non fa sconti ma piena di significato, di valori affettivi che, dopo essere stati soffocati nelle atrocità, riaffiorano più forti di prima.

La vincitrice dello Scientifico Marconi

La sconosciuta

 

A cura di

   Mariantonietta    Azzica    

 

Smbra quasi che gli porti fortuna quel cognome “Tornatore” e infatti, dopo cinque anni di silenzio, torna nelle sale nostrane a presentarci la sua ultimissima fatica cinematografica: “la Sconosciuta”.
Sulle note un po’ etroppo invadenti di Morricone si apre lo spaccato della vita di Irena (Ksenia Rappoport), prostituta Ucraina che è riuscita a sottrarsi, almeno apparentemente a quel triste destino e che approda a Trieste per riscattare il proprio passato, presentato attraverso rapidi, angoscianti ma efficaci flash-back.

Sconosciuta lei, sconosciuta a noi quella Trieste così oscura e tragicamente irriconoscibile, che racchiude una realtà terribilmente vera, in cui tutto si vende e tutto si compra, un presente che non potrebbe essere rappresentato se non dall’abile maestria di chi riassume un concentrato di emozioni in un incalzante accumulo di colpi di scena, che alternano note di ansie a punte di sadismo.

Un prodotto di alta qualità non solo contenutistica, ma soprattutto tecnica. Memore, forse, delle critiche rivolte ai precedenti insuccessi, ispirato probabilmente allo stile hitchockiano, stavolta Tornatore privilegia una narrazione discontinua; intrecciata e sovrapposta fra piani temporali; frenetica nella rappresentazione metaforica dell’ansia che pervade l’animo della giovane Irena e che rende viscosa la scorrevolezza del melodramma contemporaneo.

Veri protagonisti di questa pellicola sono i sentimenti, i rancori; i giochi chiaroscurali che contrastano sdegno ed istinti materni, scene di violenza ad effusioni di affetto, un passato da rivendicare contro un presente che vorrebbe chiudere ogni conto.

“Credevo di aver chiuso i conti col passato, ma lui non li ha chiusi con me”, dice l’ucraina. E forse è questo il punto di equilibrio di tutta la storia, una storia che si fa subito nostra, senza che siano richieste spiccate capacità di empatia.

Perché Tornatore sa come volteggiare con la macchina da presa, sa persino come stupire e far commuovere lo spettatore lasciando spazio ad un finale affatto scontato. Il percorso di Irena, sebbene intrecciato a furti, tentati omicidi, fughe e ricatti, rimembranze di un passato che riaffiora, si snoda come proteso verso un desiderio di un futuro migliore, pulito, tranquillo, coronato da affetti veri.

Così, la tensione caratteristica di tutto il lungometraggio si scioglie solo alla fine, in un’inaspettata e coinvolgente carezza, simbolica di un felice connubio fra un passato finalmente tale ed un futuro pronto ad accogliere nuove speranze e sentimenti.

“Credevo di

aver chiuso i conti col passato, ma lui non li ha chiusi con me”, dice l’ucraina.              E forse è questo il punto di equilibrio di tutta la storia, una storia che si fa subito nostra…”

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